martedì 30 settembre 2008

Peggiori uomini, peggiori cose... Per il bene di tutti?


Il libero mercato è arrivato al capolinea perché non è stato libero mercato: o meglio, il tanto decantato liberismo ha rappresentato una distorsione del significato buono del termine perché celava una estrema forma di “anarcocapitalismo”. Quello che sta succedendo negli USA spaventa gli economisti e gli operatori finanziari non solo per la crisi di per sé (che non è la prima e non sarà l’ultima) quanto perché non riescono a capire la causa e l’origine del male. Senza pretesa di dare sic et sempliciter la spiegazione e senza ricorrere ad un laconico “noi l’avevamo detto” possono riportarsi due considerazioni di fondo: negli USA, dove vieni condannato a 20 anni di galera per reati finanziari, i controlli del mercato sono stati affidati ad una società (l’equivalente della Consob) che ha considerato leciti bilanci palesemente falsi o, nella migliore delle occasioni, incomprensibili ed indecifrabili. Ma, in nome del libero mercato ed in disonore del Governo oppressore, i controlli dovevano essere soft per non soffocare l’economia, l’iniziativa imprenditoriale, la domanda, l’offetra e bla, bla, bla…… Poi  sono  arrivati la globalizzazione e l’avvento sul mercato di capitani di ventura pronti a guadagnare miliardi ma, sia ben chiaro, per fare del bene a tutti ed aiutare i Paesi terzi ad uscire da una condizione di degrado e povertà; questa la prospettiva anni 80, la realtà degli anni 90 e adesso chissà che splendida realtà saranno gli anni “00”. Infatti, chi è povero è sempre più povero, chi è ricco è sempre più ricco, chi viveva bene adesso vive male, le società falliscono, licenziamenti di massa, tensioni globali, terrorismo ed inquinamento.

E questo perché? Perché l’unico risultato di globalizzazione, liberismo e anarcocapitalismo è stato un’economia priva di valori e punti di riferimento e culture violentate e buttate nel calderone dell’omogeneità.

È necessario fermarsi e fare un passo indietro riqualificando il ruolo dello Stato in economia: il suo naturale ruolo deve essere di arbitro, controllore e punitore quando le cose non vanno; “non vanno” non significa quando qualcuno invece di 100 milioni ne guadagna 99 o quando è impedito alle multinazionali di delocalizzare con troppa facilità per godere di redditi occidentali e spese di forza lavoro orientali.

L’Europa deve mettere al centro di tutto gli interessi primari dei popoli europei; le regole ci sono ma se devono essere applicate rigorosamente ai prodotti comunitari, altrettanto bisogna esigere  per quelli extra europei; diversamente (perché no?) minacciare l’uscita dal WTO; un’Europa fondata sui diritti dell’uomo, sulla pace sociale ed il rispetto dell’ambiente… poi tutto il resto.

Il mercato non ha diritto di crearsi propri valori in nome del guadagno a tutti i costi.

Insomma, per dirla come Keynes non si può più accettare che i peggiori uomini facciano le peggiori cose in nome del bene di tutti.

Salvatore Ruberti

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